SPOLETO54, "BUSK" DI ASZURE BARTON APRE CON SUCCESSO LA SEZIONE DANZA DEL FESTIVAL (foto I.Trabalza)

(Carlo Vantaggioli)- Riesce ancora a sorprenderci l’intimità che si prova negli spettacoli di danza, qualunque coreografia sia in programma. Ogni volta che le luci scendono in sala, e nel momento esatto in cui i ballerini iniziano a muoversi sul palcoscenico, allora anche l’aria inizia a muoversi e nel breve volgere di qualche attimo si inizano a sentire odori e suoni che prima erano nascosti. In questo sta la grandezza dell’arte tersicorea, nello scavare dentro ogni spettatore per far si che ogni movimento compiuto sul palco predisponga chi osserva a ricevere il senso e lo spirito di chi sta ballando. Lo spettacolo “Busk”, che debuttava ieri pomeriggio (8-luglio) al Teatro Nuovo- G.C. Menotti, ne è stato un eccellente esempio.

Il collettivo di artisti, riuniti sotto la guida della formidabile Aszure Barton, coreografa, ballerina e performer, ha lasciato un segno a Spoleto, degno della migliore tradizione in tema di contemporary ballet. Non potrebbe essere altrimenti per una artista come la Barton che vanta un curriculum impressionante. Citiamo dal programma di sala:

Nata in Canada, inizia a ballare il tip tap all′età di tre anni, si diploma alla National Ballet School di Toronto. Ha danzato con celeberrimi artisti quali Mikhail Baryshnikov e con prestigiose compagnie quali Hell′s Kitchen Dance, The National Ballet of Canada, Wendy Osserman Dance Company, Les Ballets Jazz de Montréal. Ha creato, tra gli altri, per Mikhail Baryshnikov, Fang-Yi Sheu, Nederlands Dans Theater, The National Ballet of Canada, American Ballet Theatre, Sydney Dance Company, The Juilliard School, Hubbard Street Dance Chicago, The Martha Graham Dance Company, Les Ballets Jazz de Montréal (di cui è stata coreografa residente dal 2005 al 2008). Tra le sue innumerevoli creazioni, che spaziano anche al cinema e alle video istallazioni, ricordiamo nel 2006 la coreografia per la ripresa a Broadway de L′Opera da Tre Soldi con regia di Scott Elliott. È fondatore e direttore della Aszure Barton & Artists, un progetto di danza di respiro internazionale con sede a New York. E′ stata artista residente al Banff Centre in Canada e al Baryshnikov Arts Center di New York City. Ad Alberta (Canada) è stata insignita della carica di Ambasciatore ufficiale della Coreografia Contemporanea. Aszure Barton è anche impegnata nel sociale, supportando il Kenya′s Earth Project: Healing the Rift, per la tutela del territorio del distretto di Laikipia (Kenya).

Insomma di tutto e di più. E certamente lo spettacolo “Busk” ne è la summa artistica.

Appena entrati a teatro, il palcoscenico è già aperto e su un fondale velato scorrono immagini in bianco e nero di paesaggi rarefatti e volti enigmatici raccontati da una musica decisamente minimale, introduzione al tipo di viaggio che per un ora lo spettatore percorrerà in compagnia dei ballerini.

Non ci saremmo stupiti se, come in qualche caso è accaduto in altri teatri, l’ambiente fosse stato preparato anche con dei profumi particolari, al fine di aprire tutti i recettori sensuali degli spettatori.

“Busk” è una sorta di anglismo derivato dallo spagnolo Buscar-cercare. E che si cerchi qualcosa è indubbio già dall’apparire in scena del primo ballerino. L’uso delle mani guantate di bianco, come una sorta di memoria pura del passato che tornerà con alcuni assoli dove i ballerini sono vestiti interamente di bianco, il continuo riferirsi ad un filo immaginario che sostiene la figura dall’alto e che in caso di mancata tensione disarticola il corpo, fa immaginare un percorso di materializzazione che avverrà solo al termine dello spettacolo. Pieni di memorie artistiche anche i tagli diagonali della coreografia ed alcuni passi inconfondibili ( uno per tutto lo slancio indietro della gamba come una sorta di corsa a ritroso visto in alcuni spettacoli di Baryshnikov).

L’impatto con la musica “disarticolata” di Ljova and the Kontraband, in collaborazione con altri autori, i costumi monastici di Michelle Jank che gioca all’infinito con il cappuccio che i ballerini indossano a seconda di quale ricerca stanno compiendo, e le luci rarefatte, al limite del buio di Nicole Pearce, sono il contesto necessario e sufficiente perché si ottenga il risultato finale di “Busk”. A tratti si ha l’impressione di essere in una cattedrale gotica, a tratti di trovarsi nel mezzo di un rito medievale e postmoderno allo stesso tempo. Se ci si lascia cullare nel corso del cammino di ricerca, l’emozione di questa coreografia della Burton è unica. Molto più facile invece che lo spettatore opponga resistenza, e qualcosa in sala si è percepito, anche se il trionfo finale ha spazzato via ogni tentativo di critica non ragionata, ma solo viziata da reazione emotiva.

Incantevole la pulizia dell’esecuzione che sembra far galleggiare i ballerini nelle parti di insieme, ballerini dotati comunque di una notevole potenza muscolare e di fondamentali indiscutibili. Tracce di Oriente quando i danzatori si passano uno con l’altro un invisibile testimone fatto del soffio ( letteralmente una espirazione) dell’anima così che possano proseguire a cercare. Ma anche tracce della grande tradizione del balletto contemporaneo rappresentata da Pilobolus e Momix, quando movimento, luci e costumi costituiscono l’ unicum di un balletto.

In Spoleto53 si era già vista la voglia di costruire un percorso duale nella sezione danza che rappresentasse il meglio del contemporaneo e la classicità delle grandi compagnie. Con Aszure Barton ed il suo collettivo si è compiuto un degno passo in avanti anche a Spoleto54. E la mano di Alessanda Ferri, consulente del M° Giorgio Ferrara si sente tutta.

Per la cronaca, nell’ultimo passo coreografico che chiude lo spettacolo “Busk”, la ricerca non arriva all'obiettivo prescelto ma ottiene lo stesso un grande risultato, quello di far camminare “insieme” due anime verso una meta immaginaria.

 

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