“TERRA PROMESSA” L'UNITA' DI'ITALIA VISTA DALLA PARTE DEI DIMENTICATI (Foto I. Trabalza)

(Maria Angela Bacchettoni) - Nell'anno dei festeggiamenti per il 150enario dell'unità d'Italia approda al Festival dei Due Mondi uno spettacolo che mette in discussione l'aura di romanticismo spesso legata ai movimenti di unificazione nazionale. “Terra promessa – Briganti e Migranti” propone un feroce affresco di quegli anni, squarciati dalla guerra civile. Ci troviamo in Lucania e la vicenda narrata è quella di Carmine Crocco, che da brigante finì per servire la causa Garibaldina, salvo poi diventare capo di un nutrito gruppo di ribelli contro l'esercito sabaudo. La nascita dello Stato Italiano era un sogno partorito dai salotti intellettuali, ma che forse aveva poco a che fare con le reali esigenze di un popolo che chiedeva dignità e il diritto di lavorare la propria terra. Il meridione fu scenario di una grandi devastazioni: masserie bruciate, contadini imprigionati e fucilati al minimo sospetto di connivenza con i briganti, raccolti distrutti e bestiame ucciso. Il bilancio dei morti fu pesantissimo sia per i ribelli che per l'esercito e venne accompagnato da indicibili barbarie che purtroppo segnano tutte le guerre. Alla fine 8 milioni di persone, circa un terzo della popolazione dell'Italia di allora, furono costrette a migrare verso altri paesi pur di sfuggire ad un futuro senza prospettive. Carmine Crocco rimase in carcere per 35 anni.
In scena Marco Ballani che, attraverso una coinvolgente narrazione, ci guida attraverso i fatti. Una performance che non delude le aspettative connesse ad una tematica così spinosa. La scenografia, essenziale e rigorosa, accoglie la proiezione di video che si fondono e sovrappongono, proprio come la vita dei personaggi che li animano: un contadino, una popolana, un barone ed un soldato piemontese. Particolarmente intensa anche la recitazione degli attori presenti nei video: le loro storie parlano di paura, dignità, eroismo,  ma anche confusione e sconforto per una situazione spesso incomprensibile e non voluta. Le immagini che fanno da sfondo sono quelle della storia, le grotte, i boschi, le campagne, gli animali, la terra e il cielo del sud. Testimoni muti di vicende che echeggiano nel presente. La regia di Felice Cappa tradisce un certo spirito giornalistico nella ricostruzione dei fatti, sapientemente mescolato al linguaggio dell'arte, creando una suggestione che spinge alla riflessione ed alla conoscenza. Se effettivamente  l'arte esprime il vero questo spettacolo centra l'obiettivo, offrendo non solo il piacere del racconto ma anche la vivida realtà di un passato non troppo lontano e colmo di spunti per il presente. Maria Maglietta ci regala una prosa potente ed evocativa, arricchita dall'uso del dialetto e dalla lettura di alcuni brani tratti dall'opera di Carlo Levi “Cristo si è fermato a Eboli” come pure da scritti autografi dello stesso Carmine Crocco. A chiusura dello spettacolo una frase scritta sul muro, presente in uno dei video, riassume l'essenza delle vicende esposte: “fummo calpestati noi ci ribellammo”.
Un evento in anteprima per il festival che ieri sera ha visto una grande e sentita partecipazione di pubblico al Teatro Romano di Spoleto, uno scenario di per sé affascinante e carico di storia.

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Foto I. Trabalza Studio©