SPOLETO54, LA GRANDE JEANNE MOREAU RECITA LA FINE DELLA VITA NEL " LE CONDAMNE' A MORT" DI JEAN GENET (Foto TO®)

(Carlo Vantaggioli) 

In programma per Spoleto54, ieri sera al Teatro Romano (data unica), Le Condamné a mort di Jean Genet con Jeanne Moreau ed Etienne Daho. C’era attesa per uno spettacolo che lo stesso programma del Festival non illustra con dovizia di particolari limitandosi ad una asciutta presentazione che lascia intatta  la curiosità dei circa 400 spettatori  presenti.
Le Condamné a mort è la prima opera pubblicata da Jean Genet nel 1942. Quando il poeta fu imprigionato a Fresnes per furto, scrisse questo lungo poema che narra dell’ultima notte di Maurice Pilorge, assassino ventenne e condannato a morte. Da una decina d’anni Etienne Daho canta “Sur mon cou”, estratto da quest’opera e l’incontro con Jeanne Moreau ha concretizzato il loro desiderio comune di incidere e di interpretare sulla scena la versione integrale de “Le condamnè à mort”, originariamente messo in musica da Hélène Martin nel 1964.
Il tema dunque non concede sconti, rispetto alla tensione emotiva che un poema come quello di Genet vuole trasmettere. E non v’è dubbio che un palcoscenico spoglio, una recitazione, quella della Signora Moreau, persino gutturale, come le musiche al limite della monotonalità, appena alleviate dal bel canto di Etienne Daho, mettono in condizione il Romano di immergersi fino alle midolla nella carnale attesa della morte del condannato Pilorge.

 Di certo la recitazione, completamente in lingua originale, ha reso a tratti difficile cogliere appieno il senso delle parole, se non fosse  che quel suono, al limite del rantolo, che  spesso proveniva da una ispirata  Jeanne Moreau, ha indubbiamente provocato un corto circuito nel pubblico che ha assistito ammutolito per gli scarsi 55 minuti di spettacolo. Poche le interruzioni con applausi contenuti, al termine di alcune parti del recital.
Molto studiata l’esecuzione dei brani musicali scritti da  Hélène Martin, arrangiati da Daho, e suonati alla batteria da Philippe Entressangle, al basso da Marcello Giuliani, alla chitarra da Mako, al violoncello da Dominique Pinto, e alla chitarra da François Poggio, seppure una musica molto difficile da cogliere in termini di ascolto, poiché forse più adatta ad una sceneggiatura di tipo cinematografico che non per un recital “statico”, come quello del Teatro Romano.
Una piccola ovazione accoglie la Signora Moreau al suo ingresso sul palco, completamente vestita di bianco, tra innocenza, purezza e rispetto della morte, come vuole la tradizione orientale. Una vera celebrazione per il Condamné a mort,  che tiene conto degli anni drammatici in cui è stato scritto il poema di Genet ma anche della scena teatrale francese del 1964, anno della partitura musicale di Martin, e palcoscenico d’avanguardia per una futura Europa della letteratura e del teatro.
Le Condamné a mort, dunque, come un cadeau per Spoleto ma anche per la Jeanne Moreau, musa di registi del calibro di Louis Malle, Francois Truffaut, Roger Vadim, Jean Luc Godard, Orson Welles, Luis Bunuel, Michelangelo Antonioni, etc. etc…
Il pubblico, apparentemente pensoso durante l’esecuzione, lo comprende e tributa una lungo e convinto applauso alla compagnia, al termine del recital.

© Riproduzione riservata