“LA MERDA DEI BIANCHI E’ NERA COME LA NOSTRA”. ELEVEN & TWELVE, UNA STORIA DI UGUAGLIANZA E TOLLERANZA

di Luca Biribanti

Bandiagara, Mali. Siamo agli inizi del ‘900 e i francesi hanno ancora un impero coloniale sulla terra africana. Una storia delicata in cui si mescolano lotte religiose alla primitiva saggezza dell’Africa, quella raccontata ieri sera a S. Simone dal regista Peter Brooke sul riadattamento di Marie-Hèlène Estienne dell’opera di Amadou Hampatè Bà, “Eleven and Twelve”. Mussulmani contro cristiani, lotte interne alle stesse tribù africane, divise da un numero: si deve pregare recitando 11 volte il rito oppure 12?

La voce narrante è quella dello stesso Amadou, che racconta la sua storia, dal momento in cui lascia la sua amata terra per studiare a Bamako, nel suolo francese, dove diventa copista del Governo coloniale. La sua tribù è sconvolta dalla violenza delle lotte interne della sua tribù quella dei Tidjani, divise nelle fazioni di Tierno Bokar (sostenitore del 12) e Cherif Hammalah (sostenitore dell’11); ”Dio è il disagio della mente umana – dice Bokar – perché esiste ogni altra definizione”. Gli attori, accompagnati da un mix di musica africana e orientale eseguita dal vivo da un sorprendente musicista, recitano in un inglese fluido e musicale (tradotto in italiano grazie a un pannello digitale installato sopra l’impalcatura della scenografia), che riproduce in modo coerente la semplicità e l’essenzialità delle figure rappresentate, che riescono anche a far sorridere e divertire il pubblico con la loro leggerezza e ironia.

Quando Amadou torna a Bandiagara per la seconda volta, dopo 11 anni, consacra la sua vita alla religione convertendosi all’Islam, mentre neanche il Governo Coloniale riesce più a tenere sotto controllo le lotte interne ai Tidjani.

I due maestri, Bokar e Hammalah, decidono di incontrarsi per risolvere la lotta fratricida, sapendo bene che il solo modo per porre fine alla contesa è il proprio sacrificio in nome di una Tolleranza Suprema. Hammalah verrà arrestato e condannato in esilio, dove troverà la morte, mentre Bokar morirà come in un’autodistruzione volontaria, perché <?xml:namespace prefix = st1 ns = "urn:schemas-microsoft-com:office:smarttags" />la Morte è l’unica forza purificatrice che può cancellare le colpe e lavare il sangue delle violenze. L’applauso di San Simone ha abbracciato la compagnia del Tgeatre des bouffes du nord con un lungo e convinto applauso ricambiato anche dagli attori che ci  lasciano con l’interrogativo che ha perseguitato la mente di Amadou per tutta la storia: “Where is the Truth?”. Già, dov’è la Verità?

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Si ringrazia l’Ufficio Stampa del festival per la photogallery di Victor Pascal