ALL' "APPUNTAMENTO A LONDRA" SI PRESENTA UNA STRAORDINARIA PAMELA VILLORESI. STASERA LA PRIMA AL CAIO MELISSO

"Mi raccomando, non svelate la conclusione". Non costa poi molto assecondare la preghiera di Pamela Villoresi e David Sebasti, unici due interpreti di "Appuntamento a Londra", intercettati ieri sera davanti al teatro Caio Melisso dopo la prova generale dello spettacolo, attesissimo, che debutta stasera. La creazione dello scrittore peruviano Mario Vargas Llosa, nella trasposizione curata dal regista italiano Maurizio Panici, offre infatti un finale risolutivo "a posteriori". Nel senso che quando arriva, dopo poco meno di un'ora e mezza, allo spettatore meno smaliziato serve un attimo di smarrimento per accorgersi che è già tempo dei saluti. Le luci si riaccendono, gli attori tornano sul palcoscenico a ricevere l'applauso prolungato di chi, nel frattempo, si stava mettendo un po' più comodo sulla poltrona. Dopo una scena all'apparenza interlocutoria, in attesa di un secondo tempo destinato a non giungere mai.

Cispas, Pirulo e Rachelita, tre personaggi per due attori, sono i protagonisti di un dialogo ambientato nella camera di un grande albergo di Londra. Il primo, interpretato da Sebasti, è un uomo d'affari peruviano cinquantenne. Ha grande successo nel lavoro e si sta preparando ad un'importante riunione, al primo piano dell'Hotel, con alcuni banchieri della City. Davanti a lui compare la Villoresi, con vestito rosso fuoco e nei panni di donna Rachelita. Dice di essere la sorella del suo grande amico Pirullo, scomparso trent'anni prima per un motivo che Cispas dichiara di non conoscere. Ignorava persino che il suo Pirulo avesse una sorellina minore, per questo è restio a crederle. Nonostante la fretta e gli impegni di lavoro, però, quando lei domanda periodicamente "vuoi che me ne vada?", lui non risponde mai con decisione di sì.

Ma chi è Rachelita? Una donna in carne ed ossa che affascina Cispas, una proiezione della sua mente, l'esplorazione di una possibilità e, forse, di un rimpianto? Una femmina dietro le cui rotondità si nasconde il vecchio amico Pirulo? Oppure tutte queste cose insieme, e nessuna di esse?

E chi è poi veramente Cispas, questo "machito bombo", maschio tonto e custode ossessivo della propria virilità, che ostenta ad ogni piè sospinto la propria omofobia e il proprio disprezzo per "la frociaggine", "i froci" e "le frociate". Un milionario che impugna con sicumera il suo bicchiere di liquore e parla col tono sostenuto (e un filino troppo impostato) dell'uomo che sa quello quello che vuole. Finendo per rivelare, a sè stesso e al pubblico, di non essere felice per niente e di "usare il lavoro come altri usano la droga o l'alcool: per stordirsi".

Pamela Villoresi, che interpreta cinque personaggi diversi nel corso della rappresentazione, avrebbe la risposta ma implora che rimanga segreta fino a stasera: "Io impersono una serie di stereotipi che sfilano davanti alla fantasia di Cispas, un uomo che vive con qualche problematicità la propria situazione affettiva".

Per David Sebaste, "Appuntamento a Londra" mette in scena "un grande gioco d'amore, con ampie concessioni alla schizofrenia, in un tentativo continuo di spostare sempre un po' più in là il confine della passione per mandarla in territori inesplorati. E' l'immaginazione che sale finendo per diventare realtà".

Vargas Llosa ha scritto che uno dei tre argomenti centrali in questo testo, accanto all'amicizia e ai "riti e malefici del sesso nella vita delle persone", è "la forgiatura dell'identità come atto vitale creativo e ribelle". La potenza soverchiante di quest'ultimo tema, si misura nel tarlo che accompagna lo spettatore mentre vede galoppare la fantasia Cispas e dopo, una volta fuori dal teatro: "Ma chi sono veramente Pirulo, Rachelita e Cispas stesso?". La risposta, consolatoria ma non definitiva, arriva dall'accento toscano del regista Maurizio Panici: "Questa è esattamente la domanda con cui ci lascia l'autore, al termine di una storia che possiamo leggere in tanti modi. La risposta è aperta ad ogni interpretazione".

Ieri, prima e dopo la prova, Panici bofonchiava per una scenografia ancora da assestare: "Abbiamo avuto poco tempo per preparare tutto. Ieri ho visto delle sporcature, dei video da calibrare meglio. Piccole grandi magagne che mi hanno innvervosito". Proprio per le immagini, d'altro canto, passano alcuni degli snodi cruciali di un'opera che vive sulle continue proiezioni mentali di Cispas, che vede sfilare davanti ai propri occhi tante ipotesi esistenziali diverse.

Solo nella conclusione, aggiunge Panici, "ho scelto di dare la mia zampata. Ispirandomi a Borges, ho cercato di mettere ordine, di stabilire un punto di confine nel labirinto dell'immaginazione e dei desideri di Cispas".

Si tratta di un esito sul momento spiazzante, per un dialogo che potrebbe andare avanti all'infinito. Serve anche a tranquillizzare lo spettatore, lasciandogli la povera illusione che esista, per Cispas come per ciascuno di noi, un'identità prevalente, l'ancoraggio a una realtà esistenziale più certa delle altre: fragile finchè si vuole, tutto sommato necessaria a costruirsi un presente e un futuro negli affetti e nel lavoro. (Matino Villosio)