VOLA ALTO IL GABBIANO DI LUCA RONCONI. IL FASCINO DELL’ESSENZIALE

"...la scrivo non senza piacere, sebbene vi trasgredisca terribilmente le convenzioni della scena”. Così Anton Cechov descriveva il suo ‘Gabbiano’, un classico del ‘900. Trasgressioni che non di meno ha fatto sull’Opera originale il grande regista italiano Luca Ronconi, il cui ‘Un altro gabbiano’ ha conquistato il pubblico del Festival dei 2 Mondi.Tutti i personaggi del Gabbiano hanno l’”anima inquieta”, sono personaggi fuggenti, malinconici, pieni di rimpianto, amano sempre chi non li corrisponde, rimpiangono il passato, i giovani si sentono vecchi e i più adulti rincorrono chimere adolescenziali: sono tutti gabbiani che prima o poi si fanno uccidere o si uccidono. “Una commedia, tre parti femminili, sei maschili, quattro atti, un paesaggio (la veduta su un lago) molti discorsi sulla letteratura, poca azione, tonnellate d’amore...” scriveva ancora Cechov. Ronconi nel suo Gabbiano mette in evidenza anche quanto il testo sia una riflessione su teatro e letteratura, e quanto, a causa di ciò, i personaggi si trasformino in mere “funzioni”.Ronconi fa un esperimento:  destruttura  il testo e lo ricompone inserendo una serie di monologhi in contesti desueti. I personaggi nel primo atto dialogano e filosofeggiano col pubblico, appaiono coscienti di sé, della loro funzione, del proprio ruolo, ed improvvisamente diventano più veri. La sceneggiatura pian piano si ricompone e torna tra le sue righe ma sembra ormai contaminata: le figure hanno acquisito una sorta di valore aggiunto, nello stile sembra quasi che i personaggi sappiano di essere “funzioni letterarie”  e agiscano i propri pensieri per una metariflessione sul loro ruolo esistenziale e letterario.Meraviglioso  il monologo finale di Nina (Clio Cipolletta), recitato in coro sfalsato con Arkadina (Elena Ghiaurov ), potrebbe essere il suo incubo, una sfida o il dolore di entrambe. Bella la figura di Trepliov (Andrea Luini) che le ascolta, fisicamente posto a metà tra le due donne della sua vita. I personaggi giocano: con se stessi e con gli altri, catturati nei propri gusci narcisistici e paradossalmente reali.Lo spettacolo è andato in scena nella bellissima Chiesa di S. Simone. L’azione si svolge lungo tutta la navata centrale e la laterale destra, allestite con praticabili di legno, sedie, alcune porte, un tavolo, pochissimi oggetti di scena: un piccolo palco per il teatro di Nina, grandi specchi lontani nell’abside rappresentano il lago. Non a caso lo spettacolo si è svolto nel pomeriggio e la luce del sole riflessa dal “lago”, fusa con il disegno luci ha creato effetti emozionanti. Il lago come specchio del volo del gabbiano e delle vite dei personaggi. La totale essenzialità di oggetti e colori è in sintonia con la mistica nudità della Chiesa. Lo spazio d’azione ampio e il suo utilizzo raffinato costruiscono il senso del paesaggio e dell’orizzonte metaforico.Gli attori sono un gruppo che ha condiviso con Ronconi anni di ricerca e formazione a cui si affiancano alcuni appena diplomati alla Scuola del Piccolo Teatro di Milano: bravissimi,  hanno regalato al pubblico  personaggi  perfettamente “abitati” , a volte ironici, grotteschi, tragici, melodrammatici, leggeri;  “personaggi  consapevoli” , così aderenti alla pelle degli attori da divenire potentemente contemporanei .Il folto pubblico (molti sono rimasti fuori a causa del tutto esaurito) pieno di “addetti ai lavori”, tra gli altri Orsini e la Melato, ha omaggiato il lavoro con un meritato, caldo, lunghissimo, applauso. (Francesca Cenciarelli)