FESTIVAL, IL SOGNO DI LIBERTA' DI "DESCENDENTS OF THE EUNUCH ADMIRAL" SPACCA A META' IL CAIO MELISSO (foto Ivano Trabalza)

di Carlo Vantaggioli

Un po' "Casa di Bambola di Ibsen", un po' "Zoo di Vetro di Williams", "Descendents of the eunuch Admiral" è uno spettacolo che divide in due lo spettatore come un colpo di Katana. La scenografia asciutta e quasi maniacale di un ufficio moderno in un qualsiasi posto, presumibilmente, all'orizzonte di Singapore, le luci abbaglianti, bianche, al neon, la scialberia dei vestiti finto-classico dei dipendenti dell'ufficio, il silenzio assordante del nulla interrotto solo dal ticchettio di pigiamenti nervosi sulla tastiera di anonimi computer, e persino una silenziosissima fotocopiatrice, sono il pugno allo stomaco con cui si apre quello che potremmo definire lo spettacolo del Festival su cui discutere. Non ci sono possibilità di redenzione o si ama questa piece o la si odia nel profondo.

 Non si finirebbe mai di elencare i molti richiami alle esperienze drammaturgiche occidentali (echi dei dialoghi introspettivi bergmaniani), anche se la rappresentazione teatrale intende marcare fino in fondo la sua asiaticità con un testo strettamente calato nella lingua giapponese come anche, in alcune parti della rappresentazione, nel recitato che assume toni enfatici come nei film epici di Kurosawa.

 La storia, sempre che ne vogliamo intravedere una che faccia da filo conduttore, è lo scorrere alienante del tempo, all'interno dell'ufficio dove lavora il Sig. Kun (Kuo Pao Kun autore del testo), a partire dall'orario di chiusura all'incirca le 20 della sera, fino alle 8 della mattina dopo. Dodici ore in cui l'impiegato, prigioniero di se stesso e delle quattro mura dell'ufficio, tenta di evadere attraverso la memoria delle gesta di un famoso personaggio della storia tardomedievale cinese come l'Ammiraglio Zheng He, in questo aiutato da un "io" narrante alloggiato nel golfo mistico e da una sorta di sogno materializzato da una compagnia di marionettisti che scandisce le gesta dell'Ammiraglio con marionette rigorosamente bianche ( il colore del lutto o del passato nella tradizione orientale).

 Membro della dinastia dei Ming, eunuco reale e compagno di giochi del piccolo principe Zhu Di, Zheng He aiutò quest'ultimo a compiere una rivolta contro il padre dello stesso: l'Imperatore. Zhu Di, una volta salito al trono come nuovo Imperatore ordinò, nel 1403, la costruzione di una flotta imperiale sia per scopi mercantili, che come flotta da guerra e per gli affari diplomatici. L'Imperatore Zhu Di mise al comando di tutta la flotta Zheng He, che fu quindi nominato Ammiraglio. Di religione musulmana, Zheng He venne quindi incaricato dall'imperatore Yongle, che successe a Zhu Di, di effettuare spedizioni navali a carattere diplomatico, scientifico e commerciale nei mari occidentali, guidando una flotta di grandi giunche imperiali che includeva anche navi mercantili, le cosiddette navi dei tesori. L'enorme flotta comandata da Zheng He (317 navi con 28.000 soldati a bordo) partì per il primo di sette viaggi nell'Oceano Indiano, raggiungendo le coste orientali dell'Africa, il Mar Rosso, il Giappone e la Corea. Dato il successo della prima spedizione - tra il 1405 e il 1433 effettuò in tutto sette viaggi - fu incaricato di una seconda spedizione nei mari dell'Indocina, dell'Indonesia e dell'India meridionale, spingendosi sino a toccare le coste arabiche meridionali e dell'Africa orientale tra l'attuale Somalia e il Kenya. Il settimo viaggio (affrontato con 300 navi e circa 27500 uomini) durò dal 1431 al 1433: la flotta comandata da Zheng He visitò i porti di Champa (oggi in Vietnam) e Giava, oltre a Palembang, Malacca, Ceylon e Calcutta. Tra i successi diplomatici della spedizione si ricorda la dissuasione del re del Siam a minacciare il Regno di Malacca. Da Calcutta una parte della flotta continuò il viaggio verso ovest costeggiando il corno d'Africa sino a Malindi e commerciando sul Mar Rosso, in tale viaggio molti dei marinai cinesi poterono probabilmente visitare la Mecca. Zheng He invece, che era probabilmente rimasto a Calcutta, morì nel viaggio di ritorno e fu seppellito in mare.

 E sta proprio nella nota biografica di Zheng He il senso della rappresentazione teatrale. L'ansia di togliersi di dosso lo scuro abito da travet asiatico e la voglia di costruire un insieme di rapporti che travalichino le mura dell'ufficio, il respiro di libertà dell'Ammiraglio che pur marchiato a vita dalla terribile castrazione che farà di lui un Eunuco diventa un personaggio nuovo sino ad arrivare a toccare paesi sconosciuti in una babele di lingue e tradizioni senza confini, perfettamente permeabili tra loro. Nel testo l'autore ha inteso puntare l'attenzione, sulla castrazione sia come metodo che come iniziazione, ma anche come sorta di metafora della società moderna. Crude fino all'inverosimile le illustrazioni delle tecniche antiche e nuove, raccontate nei dettagli per denunciare una pratica che trova spazio anche nella modernità. Ed apprezzabile la trovata scenica dei marionettisti non più nascosti dietro ad una scenografia ma personaggi a tutto tondo che, pur nel loro abito nero e con il cappuccio in testa per togliere ogni parvenza di disturbo cromatico alle loro marionette bianchissime, sono invece il dominus, il demiurgo che "muove i fili" della rappresentazione, diventando essi stessi attori ed "io" narrante all'occorrenza.

 Incantevole il gesto e la presenza scenica di questa compagnia di teatranti che affonda le sue radici nella antica tradizione del teatro Youkiza e che vanta ben 3 secoli di presenza scenica. Una menzione particolare per Magosaburou Youki XII° che ne è mentore e guida.

 Il Sig. Kun alla fine si libererà delle catene psicologiche ed evaderà dall'ufficio alle 8 della mattina tra gli sguardi preoccupatissimi e terrorizzati dei suoi colleghi d'ufficio che non ce la fanno a comprendere al punto da rimanere muti e solo un po' gesticolanti per sottolineare il loro stato d'animo, mentre invece il protagonista solca etereo la platea del Caio Melisso fuggendo verso l'ignoto.

 Per la cronaca, a sottolineare lo stato di confusione in cui una piece simile può gettare, un terzo della platea ha abbandonato il Caio a metà della rappresentazione, che non prevedeva intervalli. Buon senso o forse solo buon gusto avrebbero consigliato che si potesse rimanere al proprio posto anche solo annoiati, ma non esercitando così "rumorosamente" il proprio diritto di libertà, proprio mentre sul palcoscenico se ne stava cercando una. Dunque lo spettacolo coglie nel segno esercitando tutta la sua forza dirompente in quegli schemi mentali che vedono il teatro come luogo rassicurante del bello ...e basta. Si può senz'altro dire che la scelta di questa messa in scena evoca i bei tempi delle feroci incomprensioni artistiche tra il Festival i critici e il gusto degli spettatori, in questo aumentando un pathos di questo Spoleto53 che già con l'opera Gogo no eiko ha tracciato la "linea".

Plauso per tutto ciò al M° Ferrara (presente con Adriana Asti in un palchetto del Caio), sottolineando purtuttavia che anche se le ristrettezze economiche impongono sacrifici, almeno un po' più di comunicazione su questa opera teatrale valeva proprio la pena farne.

 

 "Descendents of the Eunuch Admiral"

autore originale Kuo Pao Kun

traduzione Kentaro Matsui

adattamento e regia Frédéric Fisbach

scenografia, costumi, disegno luci e marionette art Laurent P. Berger

marionettisti Magosaburou Youki XII, Chie Youki e altri del Teatro Youkiza

attori Yukikazu Kano, Taka Okubo

direttore di produzione e supervisore Ikuko Youki

direttore tecnico e di scena Norihiko Morishita

operatore luci Koh Yamaguchi

assistente alla produzione Tetsuo Oshida

tecnici di scena Norihiko Morishita, Yumiko Yamamatsu

produzione Marionette Theatre YOUKIZA progetto Marionette Theatre YOUKIZA e Kentaro Matsui in collaborazione con Spoleto53 Festival dei 2Mondi.

Con il sostegno di Agency for Cultural Affairs, Government of Japan in fiscal year 2010, si ringrazia TORAY Industries Inc.

Spoleto , Teatro Caio Melisso Sabato 19 e Domenica 20 Giugno ( ore 15,30 e 20,30)