FESTIVAL DEI DUE MONDI: WOODY ALLEN "L'OPERA LIRICA COME IL BASEBALL, SE TI DIVERTI AD UNA GARA. VAI A VEDERNE UN'ALTRA. SE TI ANNOI..."

Woody Allen, il regista del "Gianni Schicchi", che aprirà la prossima edizione del Festival dei Due Mondi, si confessa all'inviata del Corriere della Sera, Giuseppina Manin, che oggi ha dedicato un'ampia pagina ad Allen e alla kermesse spoletina. Sarà difficile che Allen possa presenziare alla Prima, nonostante in quei giorni sia a Londra per la realizzazione del suo ultimo film, ma Giorgio Ferrara si è comunque assicurato una "sorpresa" del celebre regista. Non solo. A quanto trapela Ferrara vorrebbe proporre ad Allen la regia di un'opera lirica in Prima mondiale per l'edizione 2010. I riflettori dunque cominciano ad accendersi sul Festival. Ieri era stato Il Sole 24 ore a dare risalto al Cartellone 2009 (vds. sotto)Questa la lunga intervista rilasciata al Corriere.    «L'opera lirica è come il baseball. Se ti diverti a una partita vai a vederne un'altra. Se ti annoi...». di Giuseppina Manin(*) Da New York la voce di Woody Allen suona un po' flebile ma pronta a iniziare il match point telefonico sferrando uno dei suoi celebri colpi di humour. Che del baseball lui sia un fan scatenato è noto. Tra gli aforismi cult di Woody c'è:«Amo il baseball. Non ha nessun significato, è solo bellissimo da guardare» (Zelig). Vale anche per l'opera? «Beh, l'opera è bellissima anche da ascoltare. Quella italiana in particolare, la mia preferita». Non c'è dubbio, visto che per esordire nella regia lirica ha scelto Puccini, l'unico Puccini comico, il Gianni Schicchi. Che, dopo l'esordio alla Los Angeles Opera, avrà la sua prima europea al Festival dei Due Mondi di Spoleto il 26 giugno, direttore James Conlon, nel ruolo del titolo, sir Thomas Allen. «A dire il vero è Gianni Schicchi che ha scelto me...Erano anni che Placido Domingo mi spronava a provarci. Alla fine ho detto sì perché stimo tantissimo Domingo e perché questa è una delle opere più spiritose, divertenti, non troppo impegnativa. Persino per un incompetente come me. Una burla, e come tale invita al gioco» E lei ha giocato duro. Si è preso libertà audaci: Firenze trasformata in una città del sud mafiosa, Gianni Schicchi in un Padrino, il testamento di Buoso Donati nascosto in una terrina di spaghetti, una banda che intona Funiculì, Funiculà... Ha stravolto anche la storia: ora Schicchi finisce accoltellato. Abbastanza da far gridare ai critici: è Puccini? «E' il "mio "Puccini. Riletto pensando al vostro cinema anni 50-60, alla commedia all'italiana di Pietro Germi e di Vittorio De Sica che imparai ad amare da ragazzo. Per questo Rinuccio fa pensare a Marcello Mastroianni, Lauretta in sotto veste a Sofia Loren... Come dicevo, questa è un'opera comica, se la fai devi divertirti e divertire. Chi viene a teatro non vuole il rigore formale. Vuole emozionarsi, piangere e ridere». Dante nella Divina Commedia mette Schicchi all'Inferno. Lei dove lo piazzerebbe? «Beh, io l'ho condannato a morte. Non basta. Nel mio finale non se la cava. E forse, visto quel dicono certi critici, l'ho punito anche di più mettendolo in scena». Cinema e opera in effetti non sono sempre andati d'accordo. Che ne pensa dei film opera? «Dipende. Ce ne sono di buoni e di noiosi. Nella prima categoria ad esempio metterei il Don Giovanni di Losey, nella seconda Il flauto magico di Bergman».Come?Tutti lo considerano un capolavoro. E poi Bergman è uno dei registi chiave del suo cinema... «Sì, ma non in questo caso. So che ci sono molti che vanno pazzi per il suo Flauto magico, ma a me non è mai piaciuto. Non è un'opera e non è un film. Chi invece è bravissimo a intrecciare questi generi è Franco Zeffirelli». Che invece è spesso criticatissimo sia dai cinefili sia da i melomani « Zeffirelli è un grande uomo di teatro e di cinema. Uno dei pochi capaci di rendere l'opera accessibile ad un vasto pubblico. Il suo film su Pagliacci e Cavalleria, per altro due tra i miei titoli preferiti, è entusiasmante. Certo, anche lui è uno che si prende delle libertà nella messa in scena. Perché no? E' un'artista. Prima che alla filologia, pensa all'emozione e all'audience. Se sei corretto ma li annoi, quelli non tornano più. Come al baseball». E' vero che ha detto che Mozart è una delle poche cose per cui vale la pena di vivere? «Vero. Non riesco a pensare alla vita senza la sua musica». E' vero che Domingo le ha proposto di portare in scena il «Così Fan tutte»? «Vero. Ma è un'opera talmente grande, complessa, che mi spaventa. Al momento non me la sento. Però domani... chissà». La sua opera del cuore? «In questo momento Lucia di Lammermoor. Donizetti e Puccini sono i miei autori preferiti. Più di Verdi. Ma in media cambio titolo ogni due anni». Lavorando per la prima volta su una scena lirica cosa l'ha sorpresa di più? Che differenza c'è con il set? «Una differenza fondamentale: all'opera can-tano tutti. Anche alle prove. All'opera ogni aria si esegue tutta di fila, al cinema si procede per spezzoni. Non sono abituato a sentire le cose per intero». A proposito di cinema, quando vedremo il suo «WhateverWorks»? «Uscirà tra poche settimane, in contemporanea a Parigi e New York» (in Italia arriverà verso la fine anno, ndr). E tra poche settimane, a luglio, inizierò a Londra un nuovo film» Già prenotati nel cast Anthony Hopkins, Antonio Banderas, Naomi Watts .Lei che non la racconta mai, un cenno di trama? «Sarà divertente, triste, drammatica». Tre aggettivi che vanno bene per qualsiasi storia. Non ci resta che attendere. (* fonte Corriere della Sera)