TEATRO CAIO MELISSO-SPAZIO CARLA FENDI, PRESENTATI I PRIMI INTERVENTI DI RESTAURO (Foto I.Trabalza)

Questa mattina presentazione al Teatro Caio Melisso, “Spazio Carla Fendi”, della prima parte dei lavori di restauro del prezioso teatro spoletino messi in atto dalla Fondazione Carla Fendi dopo l’accordo recentemente firmato con il Comune di Spoleto. In occasione di Spoleto54 la Fondazione promuove tutto il programma artistico del Caio Melisso. Ed è proprio prima dello spettacolo del Festival, in programma alle 12 e dedicato a Luchino Visconti, che Carla Fendi, il sindaco di Spoleto Daniele Benedetti e il M° Giorgio Ferrara hanno brevemente illustrato a giornalisti e spettatori che stavano per entrare a teatro i primi importanti interventi fatti all’interno del Caio. Vetrate nuove ed attinenti a quelle originali, la ripulitura ed in alcuni casi la ritinteggiatura di alcune pareti molto rovinate del Foyer e della porta di fuga dello stesso, il recupero di tutte le sedie originali dello spazio bar, le applique riposizionate ed uniformate allo stile del prezioso manufatto, sono solo alcuni dei primi interventi importanti, che preludono al lavoro “pesante”, come il rifacimento dei pavimenti, che andrà fatto al termine del Festival, proprio per non  interrompere la programmazione del teatro.
E che ci sia un grande feeling tra Carla Fendi ed i suoi due odierni “chaperon”, è piuttosto evidente quando Benedetti e Ferrara mettono in atto un gustoso siparietto su chi “ama” di più la stessa mecenate, che per non far torto a nessuno se li abbraccia con affetto e composto amore filiale.
Il mecenatismo è ormai una  risorsa concreta nel paese Italia, dato che i fondi anche per il solo mantenimento non ci sono davvero più. Se non esistessero Fondazioni come quella di Carla Fendi probabilmente si dovrebbe osservare al triste declino di molte opere dell’ingegno dei secoli passati ( vedi il caso romano del Colosseo con l’intervento di Diego Della Valle). Carla Fendi inoltre è una attenta e puntigliosa manager che sul restauro vuole dire sempre l’ultima parola, come sembra stia per accadere nel caso della parete di fondo  del bar del Foyer, sorta di dazebao nel quale sono incollate da tempi immemorabili le locandine delle prime manifestazioni festivaliere e di spettacoli passati, o per lo meno ciò che ne rimane. Indiscrezioni sembrano dire che sarà Carla Fendi in persona a restaturare la parete, tanto è l’attaccamento al teatro spoletino.
E’ rimasto celebre il coinvolgimento  per questo piccolo crogiuolo di cultura, anche da parte del M° Gian Carlo Menotti che nei primissimi anni del Festival dedicò una cospicua parte dei propri fondi personali al primo restauro del Caio. Rimane la testimonianza, o meglio la firma, del gesto nella famosa scena della coppia di puttini dipinti nei cassettoni del Foyer di cui uno suona un vistoso sassofono, strumento senza dubbio non tardo-settecentesco.
Insomma un amore decisamente concreto e ad alto tasso “sentimentale”. Presente al Caio Melisso in questa giornata anche Ilaria Borletti Buitoni, nuova presidente del Fai, il fondo ambiente italiano, altro campo nel quale la Fondazione Fendi partecipa a tutto tondo, e che nella giornata in cui Spoleto entra a pieno titolo tra le città riconosciute dall’ Unesco per i siti di interesse Longobardo, diventa un segnale di attenzione importante per il nostro territorio ricco di bellezze architettoniche e paesaggistiche, non ancora pienamente sfruttate e valorizzate.

 

IL TEATRO CAIO MELISSO LA STORIA
Il Teatro Caio Melisso discende attraverso numerose trasformazioni, da un antico teatro spoletino. Nel suo aspetto attuale, è opera di Giovanni Montiroli (1877-1880), ripristinato nel 1958, dopo un lungo abbandono, da R. De Luca. Nel Cinquecento, caduto ormai il progetto di continuare la costruzione del Palazzo della Signoria, rimaneva un vasto spazio tra l'Opera del Duomo e il Tempio della Manna d'Oro che si erano già innalzati sopra quell'edificio non compiuto. Non è noto a cosa fosse destinato allora quello spazio, ma non certo a rappresentazioni teatrali, perchè queste si svolgevano fino alla metà del Seicento, nel Palazzo Comunale o in sale private. Il luogo inizia a legarsi alle tradizioni spoletine quando vi viene allestito uno "stanzone per le pubbliche commedie" ricordato nel 1664: ma un "teatro” – che era forse lo stesso - esisteva già nel 1660 e pare fosse nato per iniziativa dell'Accademia degli Ottusi. L'interesse per il teatro era già allora molto diffuso e vivo a Spoleto, che aveva tra le sue mura anche numerosi autori di commedie come B. Campello, O. Castelli, G.B. Lauri, B. Luparini e il celebre L. Vittori, e aveva dato natali a Giovanni Gherardi, capostipite di una delle più famose genealogie di Arlecchini e comici dell'arte, così nel 1668 quello "Stanzone" era divenuto un vero teatro con quattro ordini di palchi, uno tra i più antichi teatri italiani a palchetti. Il "Nobile Teatro", così si intitolava, fu più volte rinnovato ma prima della trasformazione di Montiroli ebbe sempre una struttura lignea; nel 1751 fu arricchito da decorazioni pittoriche, sipari e scene, che pare fossero pregevolissimi, e lo Iomelli musicò espressamente per la riapertura l' "Ipermestra" di Metastasio; nel 1817 Gioacchino Rossini partecipò come suonatore di contrabbasso ad una rappresentazione della sua "Italiana in Algeri" e fece appena in tempo ad ammirare le belle decorazioni settecentesche, prima che fossero in parte distrutte e in parte trafugate nel 1819 da ignoti fiorentini. Il teatro nel 1819 era notevolmente inferiore al precedente ed era così poco amato dagli spoletini, desiderosi di averne uno più grande e più ricco, che alcuni cittadini tentarono di incendiarlo (1853). L'inaugurazione del Teatro Nuovo nel 1864 segnò la completa decadenza del "Nobile" e il suo abbandono, che tuttavia non durò a lungo perché appena dieci anni dopo il Comune ne decideva il ripristino. Il progetto fu affidato all'architetto spoletino Giovanni Montiroli. Il teatro, consegnato nel 1880 completamente rinnovato, fu in quella occasione intitolato Caio Melisso, in onore allo spoletino, amico di Mecenate, bibliotecario di fiducia di Augusto, scrittore, commediografo e grammatico, la cui opera è completamente perduta. (Estratto da R. Sabatini, Teatri Umbri, Perugia 1981)

(Car. Van.)

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