"LE CONQUISTE DI NORMAN" E LA KITCHEN COMPANY, UNA BELLA TRADIZIONE FESTIVALIERA

di Carlo Vantaggioli

Non è un caso che scriviamo della Kitchen Company e della commedia  portata in scena a Spoleto53, "Le conquiste di Norman", proprio all'ultimo giorno di programmazione del Festival dei Due Mondi.

Questa compagnia di giovanissimi attori, guidati dalla regista Eleonora D'Urso, è al suo ritorno "sulla scena del delitto", dopo i trionfi di gradimento, critica e pubblico di "Un piccolo gioco senza conseguenze" in Spoleto52.

Alla fine lo spettacolo dello scorso anno totalizzò 1.414 spettatori in 15 repliche, regalando un’affluenza del 236% rispetto alla capienza preventivata, tanto per dare qualche cifra agli amanti dei numeri statistici.

Per la Trilogia di Alan Ayckbourn, proposta quest'anno invece alcuni numeri sono già ipotizzabili e si parla di quasi 2mila spettatori, forse calcolati per difetto, se non ci fosse stata infatti una prima settimana di Festival che più che a Spoleto sembrava essere programmata a Courmayeur.

Lo spettacolo "Le conquiste di Norman", non esce dal solco tracciato anche nella precedente edizione. Una deliziosa casa di campagna nei dintorni di Londra. Un fine settimana di luglio del 1973. Una madre malata e un gatto che non si vedranno mai. Una fuga d’amore che andrà a rotoli. Del vino, il famigerato Dente del Diavolo, ad altissimo tasso alcolico. Un gioco da tavola che non ha nulla di realistico. Pranzi e cene a base d’insalata. Tre coppie per un totale di sei personaggi costantemente in guerra tra loro e aizzati l’uno contro l’altro da un catastrofico gigolò che ha più le fattezze di uno spaventapasseri, ovvero: Norman.

Il tutto giocato su tre scene diverse, ovvero "In sala da pranzo", "In salotto" ed infine "In giardino".

Lo spettatore può quindi decidere in quale ambientazione vedere la commedia e semmai decidere di godere anche di tutta la trilogia. L’arco temporale è lo stesso per tutte e tre le commedie, difatti tutto accade tra la mattina di un sabato e la mattina del lunedì che segue, come anche le tre coppie di personaggi sono le stesse e stesso l’intreccio amoroso, eppure la comicità diventa doppia, diventa tripla, di pari passo con le commedie che lo spettatore sceglie di vedere.

Una felice intuizione drammaturgica dell'autore Alan Ayckbourn.

La regia di Eleonora D'Urso rende un pò meno inglese la comicità intelletuale della trilogia, lavorando molto sulla personalità e la recitazione dei singoli protagonisti, con il veterinario Tom (uno splendido Giovanni Prosperi), a metà tra un Mr. Bean e il Picchiatello di Jerry Lewis, o con un Reg( il perfetto Simone Francia), a tratti somigliante al Furio di "Bianco Rosso e Verdone" di Carlo Verdone.

Ma ovviamente citiamo anche Elisabetta Becattini - Ruth, Daria D’Aloia - Annie, Valeria Perdonò – Sarah, Giuseppe Pestillo – Norman, tutti eccezzionalmente bravi.

Nel dispiegarsi della storia in effetti non c'è un personaggio che prevalga sull'altro, ognuno ha qualcosa da dire in una mimica o con un tono di voce che svela compiutamente la natura della sua partecipazione alla vicenda.

Il pubblico di questo spettacolo, sempre numeroso e soddisfatto, in queste intense giornate di programmazione ha sempre applaudito convinto.

E poichè scriviamo della Kitchen Company proprio l'ultimo giorno di Festival, anche in questo caso come in altre recensioni abbiamo fatto, una considerazione di buon auspicio lasciatecela scrivere.

Questi giovani attori e la loro "guida" Eleonora D'urso, hanno qualcosa di vitale che fa tornare alla memoria la voglia di uscire fuori dai confini tradizionali del teatro, che avevano avuto in altri tempi "attorgiovani" come ad esempio Luca Barbareschi quando intorno agli anni '80 iniziò a portare sulle scene le opere di David Mamet (lo sceneggiatore de "Il Postino suona sempre due volte" tanto per dirne una), comprandone addirittura i diritti per l'Italia.

Ecco, non sarebbe male che il Festival, e con lui l'intera città di Spoleto, potessero una volta per tutte dare inizio al "nuovo corso" tanto auspicato con un gesto chiaro e tangibile, come potrebbe essere quello di dare vita ad uno Stabile del Festival dei Due Mondi, con la partecipazione operativa in questo caso di una compagnia come la Kitchen Company. Anzi diciamo che la Kitchen Company è sicuramente il prototipo di compagnia più adatto per un passo del genere. Del resto lo stesso Michele Placido, sufficientemente abituato a lavorare con i giovani, proprio a Spoleto53 aveva fatta la stessa proposta, accolta con convinzione anche dal M° Ferrara.

Staremo a vedere, in attesa della nuova commedia che la Kitchen Company porterà a Spoleto54. Del resto non c'è due senza tre.

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