"MAHLER", FINNAZER FLORY FA RIVIVERE IL GRANDE COMPOSITORE SCOPRENDO LA SUA PERSONALITA' (foto I. Trabalza)

di Francesco De Augustinis

In scena ieri sera sul palco della sala Frau la prima e “unica” rappresentazione di “Mahler” al Festival dei 2 Mondi, un viaggio nella vita e nell’opera del compositore boemo, vissuto a cavallo tra ‘800 e ‘900.

Nel 1910 Sigmund Freud visitò Gustav Mahler, un anno prima che questi morisse. Anni dopo, il padre della psicologia definì l’esperienza ”un’interessantissima spedizione nella vita di Maher. Ebbi la possibilità di ammirare le capacità di penetrazione psicologica di quell'uomo di genio…era come scavare con un bastoncino in un edificio misterioso”.

Lo spettacolo scritto, diretto e interpretato da Massimiliano Finazzer Flory, già in passato autore di “viaggi” nella vita dei grandi del mondo della cultura come Borges o Rainer Maria Rilke (attualmente anche Assessore al Comune di Milano), cerca di scavare insieme al pubblico in quell’edificio misterioso, attraverso la lettura in prosa di lettere e scritti dell’autore, intervallata naturalmente dalle sue composizioni.

Insieme a Finnazer Flory, nei panni di Mahler, sulla scena c’era Quirino Principe (autore di un libro sull’opera del compositore austriaco), voce narrante e ispirato esecutore di alcune sinfonie al pianoforte, e le delicatissime coreografie di Gilda Gelati, prima ballerina del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala.

Appare una difficile sfida quella di mettere in scena vita e personalità di Mahler che lo spettacolo, uno degli ultimi di questa edizione del Festival, ha in parte vinto. Mahler visse tra la fine dell’800 e gli inizi del 900, ed oltre ad essere uno dei più grandi compositori del suo tempo, lavorò come direttore dell’Opera di Vienna, città capitale dell’impero, dove il suo lavoro si intrecciò con quello di tutti i più grandi di quel periodo. Mettere in scena non tanto le sue musiche quanto la sua vita vuol dire non solo rappresentare una vita e una personalità complesse, che lo stesso Freud ha definito misteriose, ma anche aprire il sipario su quello che era il panorama musicale di quegli anni.

E proprio in questo forse riesce meglio lo spettacolo: quando racconta le corrispondenze di Mahler con Richard Strauss, la cui opera definisce entusiasticamente “perfetta”, e verso cui si dice disposto a tutto per superare le imposizioni della censura che impediscono la messa in scena a Vienna della Salomè; ma anche nel raccontare i rapporti controversi altri grandi nomi come Arnold Schönber o Giacomo Puccini, che definisce uno “scalzacane” (sic!). Ed ecco che nello studiolo allestito sul palco si riesce ad immaginare in maniera vivida quella che era la vita reale dei compositori dell’epoca, quello che c’era, “professionalmente”, dietro alle loro sinfonie.

Meno incisiva invece nello spettacolo la ricerca sulla vita e sulla personalità dello scrittore, dove nelle poesie e nei frammenti di diari recitati, solo a sprazzi si intuisce “chi fosse Mahler”, e da cosa nascessero le sue musiche, eseguite in sala da Quirino Principe al piano oppure diffuse dalle casse.

Riesce ugualmente a commuovere il finale, con l’episodio della morte a quattro anni della figlia del compositore, colpita da Difterite. Il racconto di Finazzer Flory riesce infatti a rendere lo stato d’animo del compositore di fronte alla tragedia, mentre le note di Principe raccontano come queste emozioni furono tradotte in musica, e le coreografie di Gilda Gelati si legano al tutto a creare un momento di grandissima forza estetica.

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